Megaexandros
C’è stato un tempo,
quando le mie forze sembravano infinite,
Era un tempo lontano,
quando guardavo il tramonto dalle mura di Pella,
C’è stato un tempo,
quando sembrava potessi avere mille vite,
Era un tempo nel quale
l’unica cosa che non potevo avere era una stella.
C’ è stato un tempo,
quando ogni cosa era mia, bella e serena,
Era un tempo perduto,
quando ascoltavo a bocca aperta la mia Guida,
C’è stato un tempo,
quando la mia brocca era sempre piena,
Era un tempo senza fine,
quando Aristotele era il confine e una sfida.
C’era un tempo e non c’è più, ogni istante andato, svanito, ormai perso
Stupida natura di essere uomini, cercare il domani nei sogni di oggi e nella sorte
Sapendo che ogni istante porta in grembo Il destino della sua stessa inevitabile morte.
Ogni secondo muore in se stesso, come un temporale si scioglie in un cielo terso
Vivere ogni istante senza fermarmi mai, questo il mio solo scopo,
Che la filosofia mi aveva insegnato che non ci sono alternative a questo:
Il divenire che tutti temiamo (anche gli dei invidiosi) non avrebbe avuto resto.
Correre in avanti qualsiasi sia la strada, sfidando sempre e comunque il dopo.
C’è stato un tempo,
quando correvo come e più del vento sul mio cavallo,
Era un tempo svanito,
quando non mi bastavano delle mie terre i confini,
C’è stato un tempo,
quando il mio solo pensiero era superare lo stallo,
Era un tempo preciso,
eppur non distinguevo le notti dai mattini.
quando le mie forze sembravano infinite,
Era un tempo lontano,
quando guardavo il tramonto dalle mura di Pella,
C’è stato un tempo,
quando sembrava potessi avere mille vite,
Era un tempo nel quale
l’unica cosa che non potevo avere era una stella.
C’ è stato un tempo,
quando ogni cosa era mia, bella e serena,
Era un tempo perduto,
quando ascoltavo a bocca aperta la mia Guida,
C’è stato un tempo,
quando la mia brocca era sempre piena,
Era un tempo senza fine,
quando Aristotele era il confine e una sfida.
C’era un tempo e non c’è più, ogni istante andato, svanito, ormai perso
Stupida natura di essere uomini, cercare il domani nei sogni di oggi e nella sorte
Sapendo che ogni istante porta in grembo Il destino della sua stessa inevitabile morte.
Ogni secondo muore in se stesso, come un temporale si scioglie in un cielo terso
Vivere ogni istante senza fermarmi mai, questo il mio solo scopo,
Che la filosofia mi aveva insegnato che non ci sono alternative a questo:
Il divenire che tutti temiamo (anche gli dei invidiosi) non avrebbe avuto resto.
Correre in avanti qualsiasi sia la strada, sfidando sempre e comunque il dopo.
C’è stato un tempo,
quando correvo come e più del vento sul mio cavallo,
Era un tempo svanito,
quando non mi bastavano delle mie terre i confini,
C’è stato un tempo,
quando il mio solo pensiero era superare lo stallo,
Era un tempo preciso,
eppur non distinguevo le notti dai mattini.
C’era un tempo,
quando il destino non era segnato dalla pazzia di un oracolo,
Era un tempo illimitato,
quando le spade erano bronzo lucido foriere di morte,
C’era un tempo,
quando non temevo nulla e nessuno sapeva essermi ostacolo,
Era un tempo, senza limiti
quando sapevo costruire con le mie mani la mia sorte.
Ora qui a Babilonia, ho ancora vicini i miei amici di sempre da sempre fratelli,
Morì, mio padre Filippo il grande, il conquistatore, morì pugnalato, ucciso,
E ora dopo gli anni passati, nello specchio guardo il mio volto e vedo il suo viso,
Son qui, è quasi estate, e tra regnare ancora e morire scelgo il minore dei fardelli.
quando il destino non era segnato dalla pazzia di un oracolo,
Era un tempo illimitato,
quando le spade erano bronzo lucido foriere di morte,
C’era un tempo,
quando non temevo nulla e nessuno sapeva essermi ostacolo,
Era un tempo, senza limiti
quando sapevo costruire con le mie mani la mia sorte.
Ora qui a Babilonia, ho ancora vicini i miei amici di sempre da sempre fratelli,
Morì, mio padre Filippo il grande, il conquistatore, morì pugnalato, ucciso,
E ora dopo gli anni passati, nello specchio guardo il mio volto e vedo il suo viso,
Son qui, è quasi estate, e tra regnare ancora e morire scelgo il minore dei fardelli.
Cosa sarà di me dopo che questo dolore mi avrà ucciso e sarò sepolto?
Cosa si dirà di me quando volgendo le spalle ad ovest il mio regno sarà senza confini
E dei miei amori e delle mie conquiste, quale dei mie amori dalla storia sarà tolto?
Ho sempre sfuggito il tempo e la sua legge, strappare alla sua mano rapace i nostri destini.
Cosa si dirà di me quando volgendo le spalle ad ovest il mio regno sarà senza confini
E dei miei amori e delle mie conquiste, quale dei mie amori dalla storia sarà tolto?
Ho sempre sfuggito il tempo e la sua legge, strappare alla sua mano rapace i nostri destini.
C’era un tempo,
quando niente contava, niente aveva valore se non le mie voglie,
Era un tempo rallentato,
sembrava non dover finire mai e proseguire eterno,
C’era un tempo,
quando cercavo l’amore, che fosse Efestione, che fosse mia moglie,
Era un tempo dilatato,
con confini solo nel sogno e nella volontà, come il regno che governo,
quando niente contava, niente aveva valore se non le mie voglie,
Era un tempo rallentato,
sembrava non dover finire mai e proseguire eterno,
C’era un tempo,
quando cercavo l’amore, che fosse Efestione, che fosse mia moglie,
Era un tempo dilatato,
con confini solo nel sogno e nella volontà, come il regno che governo,
C’era un tempo,
quando davanti ai soldati, in groppa a Bucefalo ero più di un re, ero un dio,
Era un tempo che ho costruito
e che non ho sconfitto, perché il tempo non finisce mai,
C’era un tempo e oltre me ancora ci sarà,
Era un tempo che non vedrò finito
il solo che mi ha battuto, ridendo di me, per sempre, ormai.
quando davanti ai soldati, in groppa a Bucefalo ero più di un re, ero un dio,
Era un tempo che ho costruito
e che non ho sconfitto, perché il tempo non finisce mai,
C’era un tempo e oltre me ancora ci sarà,
Era un tempo che non vedrò finito
il solo che mi ha battuto, ridendo di me, per sempre, ormai.
Ci sarà un tempo diverso, uno che non so.
E non sarà più il mio e che non vedrò.
E non sarà più il mio e che non vedrò.
Non penserete che mi importi delle vittorie o delle battaglie vinte, dei nemici uccisi?
Dei tesori, delle donne, dei palazzi o delle sterminate folle e del re dei re umiliato?
Credete che le lacrime che verso siano per la vita che perdo, per l’ultimo commiato?
Rimpiango me stesso, bambino senza freni, la vita davanti e le corse nei campi tra i fiordalisi.
Dei tesori, delle donne, dei palazzi o delle sterminate folle e del re dei re umiliato?
Credete che le lacrime che verso siano per la vita che perdo, per l’ultimo commiato?
Rimpiango me stesso, bambino senza freni, la vita davanti e le corse nei campi tra i fiordalisi.
Rimpiango il bacio che non detti, la carezza che mancai, la lacrima, l’ultima voglia,
Ripenso al tempo perso in inutili conquiste di popoli, di terre, ai valorosi amici morti,
La voce che mi trema è solo per lo stupido uomo che ero e sono stato, per i miei torti,
Niente rimane, solo il ricordo di chi ci ama e chi ci ha amato, e il suo triste pianto oltre la soglia.
Ripenso al tempo perso in inutili conquiste di popoli, di terre, ai valorosi amici morti,
La voce che mi trema è solo per lo stupido uomo che ero e sono stato, per i miei torti,
Niente rimane, solo il ricordo di chi ci ama e chi ci ha amato, e il suo triste pianto oltre la soglia.