Voglio amarti come la riva ama l’onda
In perenne attesa che arrivi
E tutte le inutili orme cancelli.
Voglio amarti come l’ala ama il vento
Che la sostiene e la spinge
In un alternarsi meccanico e preciso.
Voglio amarti come il delfino ama l’aria
Che riempie i suoi polmoni
E gli permette di nuotare nel blu del mare.
Voglio amarti come fuoco ama il legno
Che si lascia bruciare e svanisce
Solo per alimentare la fiamma.
Voglio amarti come il fiume ama la riva
Che sa contenerlo e guidarlo
Pur lasciandolo libero di scorrere.
Voglio amarti come il cielo ama l’aquilone
Che colora il suo azzurro inesistente
Di mille guizzi colorati.
Voglio amarti come t’amo:
Per il solo fatto che tu esisti,
per il semplice tuo respirare,
per il tuo odore di limone e muschio,
per portarti dove nessuno mai,
per donarti quello che nessuno sà,
per averti come nessuno può.
Voglio amarti come so:
Dividendo desiderio e amore,
Separando la voglia dall’emozione,
Rincorrendo solo il tuo sorriso,
Sostituendo il mio volere al tuo,
Raccogliendo il tuo volere nel mio,
Scrutando in ogni ora il tuo sorriso.
Voglio amarti come vuoi.
Lasciando che tutto scorra e ci prenda
E nel vortice del tuo cuore
Faccia di noi due qualcosa
Migliore della somma di due entità
Una cosa nuova e migliore e unica.
Perchè io possa continuare ad amarti come so
e tu continui ad amarmi come sei.
Parole per dire il come e il quando, il dove e il perchè io sono quel che ora sono e come lo sono diventato.
Dopo 4 anni di blog su Splinder Parole per dire Anima si sposta causa di forza maggiore. Ringrazio i 23.487 visitatori del vecchio sito dando a loro e ai nuovi il benvenuto nel nuovo blog.
Il cielo è ancora di nuovo azzurro dopo il temporale, di nuovo piccole nuvole bianche galleggiano nello smalto turchese che si intravede tra i rami degli ippocastani. Leggero un vento da Sud mi porta profumi lontani e un ricordo di tempi andati. Vengo da un remoto passato, da un continente scomparso, da memorie tramandate. Vengo da uno ieri lontano, da una distante memoria, da profondità assolute. Vengo da foreste carbonizzate, da oceani prosciugati, da atlantidi sommerse. Vengo da leggende antiche, da strade non tracciate, da un paese dimenticato. Vengo da notti di mille stelle cadenti, da grotte sottomarine, da minareti e ziggurat mesopotamiche. Vengo da fiumi e cascate fumanti, da incendi di praterie, dai giardini pensili di Babilonia. Vengo dagli accampamenti dei pellerossa, da canti intorno al fuoco, dal giro della pipa sacra. Io Vengo dalla pianura di Stonehenge, dai templi di Abu-Simbel, dalla valle di Goreme. Vengo da un sogno di delfino, dalla barriera corallina di Sharm-el-Sheik, e da quella di Marsa-Alam, da Elphinstone Reef e da Ras Samadhai. Vengo dall'isola di Rapa-Nui, dalle piramidi atzeche, e di quelle di Giza. Vengo dal ghiacciaio di Roseg, sulle Alpi dopo S. Moritz, dal castello Bunchrew ad Inverness, dalla caldera di Kallisté. Vengo dai mille monumenti e ruderi di Roma, dalle rovine di Pompei, dalle scogliere delle Isole Faroe. Vengo dalle guglie di Milano, dalle Dolomiti, dalla foresta di Camaldoli. Vengo dalle città sotterranee di Cappadocia, dall'Oceano ad Oporto, dalle paludi di Coto Donana. Vengo dalle piazze di Lecce, dalle scogliere di Finis Terrae, dal mare di Otranto. Vengo dalle sabbie del deserto, dai monti dell'Atlante, dalla via della seta. Vengo da Mont S.Michael, dall’acropoli di Atene dal mare delle Cicladi, dai monasteri delle Meteore dai quadri di Caravaggio, dalle poesie di Neruda e di E. L. Masters, Vengo dal mio sogno di volare, dall'idealismo del Che, dai libri di Richard Bach, dal suo gabbiano Jonathan Livingston. Vengo dai racconti di Eminghway, dalla follia geniale di Picasso dal fortepiano di Mozart, dall’Isola Tiberina al centro della mia città Vengo dalla visione di Tashunta Witko, dalla tragedia del suo popolo, Vengo dalle canzoni dei Beatles, dai tasti bianchi e neri del mio pianoforte, dalle corde delle mie chitarre. Vengo da questi e cento altri posti, vengo da ieri e da domani, dai miei sogni e dalle mie speranze, dai libri che ho letto e dalle musiche che ho ascoltato. Da lontane favole e ballate di druidi e melodie celtiche, da notti di birra e onde di mari e marinai, da amori andati e da volti dimenticati, da amici perduti e amici ritrovati, da segni, sogni, bisogni, da velocità a due ruote e voli a quaranta metri sott'acqua, da cani randagi e altrettanto randagi gatti, da quadri e monumenti, da fuochi, fumi, chitarre e lune, da lacrime, errori, andate e ritorni, da treni, città, Vengo da tutto questo e da molto altro ancora. Vengo da tante altre cose che non riesco a ricordare, ma sono quello che sono proprio per questo, ed è quello che sono che posso darti, e non altro, niente di più o niente di meno, questo e non altro.
Il cielo è ancora di nuovo azzurro dopo il temporale, di nuovo piccole nuvole bianche galleggiano nello smalto turchese che si intravede tra i rami degli ippocastani. Leggero un vento da Sud mi porta profumi lontani e un ricordo di tempi andati. Vengo da un remoto passato, da un continente scomparso, da memorie tramandate. Vengo da uno ieri lontano, da una distante memoria, da profondità assolute. Vengo da foreste carbonizzate, da oceani prosciugati, da atlantidi sommerse. Vengo da leggende antiche, da strade non tracciate, da un paese dimenticato. Vengo da notti di mille stelle cadenti, da grotte sottomarine, da minareti e ziggurat mesopotamiche. Vengo da fiumi e cascate fumanti, da incendi di praterie, dai giardini pensili di Babilonia. Vengo dagli accampamenti dei pellerossa, da canti intorno al fuoco, dal giro della pipa sacra. Io Vengo dalla pianura di Stonehenge, dai templi di Abu-Simbel, dalla valle di Goreme. Vengo da un sogno di delfino, dalla barriera corallina di Sharm-el-Sheik, e da quella di Marsa-Alam, da Elphinstone Reef e da Ras Samadhai. Vengo dall'isola di Rapa-Nui, dalle piramidi atzeche, e di quelle di Giza. Vengo dal ghiacciaio di Roseg, sulle Alpi dopo S. Moritz, dal castello Bunchrew ad Inverness, dalla caldera di Kallisté. Vengo dai mille monumenti e ruderi di Roma, dalle rovine di Pompei, dalle scogliere delle Isole Faroe. Vengo dalle guglie di Milano, dalle Dolomiti, dalla foresta di Camaldoli. Vengo dalle città sotterranee di Cappadocia, dall'Oceano ad Oporto, dalle paludi di Coto Donana. Vengo dalle piazze di Lecce, dalle scogliere di Finis Terrae, dal mare di Otranto. Vengo dalle sabbie del deserto, dai monti dell'Atlante, dalla via della seta. Vengo da Mont S.Michael, dall’acropoli di Atene dal mare delle Cicladi, dai monasteri delle Meteore dai quadri di Caravaggio, dalle poesie di Neruda e di E. L. Masters, Vengo dal mio sogno di volare, dall'idealismo del Che, dai libri di Richard Bach, dal suo gabbiano Jonathan Livingston. Vengo dai racconti di Eminghway, dalla follia geniale di Picasso dal fortepiano di Mozart, dall’Isola Tiberina al centro della mia città Vengo dalla visione di Tashunta Witko, dalla tragedia del suo popolo, Vengo dalle canzoni dei Beatles, dai tasti bianchi e neri del mio pianoforte, dalle corde delle mie chitarre. Vengo da questi e cento altri posti, vengo da ieri e da domani, dai miei sogni e dalle mie speranze, dai libri che ho letto e dalle musiche che ho ascoltato. Da lontane favole e ballate di druidi e melodie celtiche, da notti di birra e onde di mari e marinai, da amori andati e da volti dimenticati, da amici perduti e amici ritrovati, da segni, sogni, bisogni, da velocità a due ruote e voli a quaranta metri sott'acqua, da cani randagi e altrettanto randagi gatti, da quadri e monumenti, da fuochi, fumi, chitarre e lune, da lacrime, errori, andate e ritorni, da treni, città, Vengo da tutto questo e da molto altro ancora. Vengo da tante altre cose che non riesco a ricordare, ma sono quello che sono proprio per questo, ed è quello che sono che posso darti, e non altro, niente di più o niente di meno, questo e non altro.
domenica 23 dicembre 2012
martedì 18 dicembre 2012
Templari
Siamo,
come spersi nello sconfinato oscuro spazio
Restando
smarriti nel nero della notte immensa
Guardiamo
baluginii di stelle come segnali di rotta
Ma
sono riflessi che vengono da migliaia di anni lontani
E le
luci di rotta potrebbero essere morte oramai.
Siamo,
come templari ai corni di Hattin
Sul
passo di guardia la notte prima della battaglia
L'ultima.
Sereni,
severi custodi di un sogno più grande
Non
importa l’esistenza di un dio senza nome
Non
importa sapere il come e il perché.
Quello
che davvero è importante
Quello
che conta davvero è essere qui
Testimoni
senza scelta del nostro esiguo tempo
Testimoni
del nostro e di tutti i tempi passati
Memorie
di altri guardiani e di occhi sollevati al cielo
Ricordo
per chi dopo di noi sarà a cercare il vero
Nella eterna
cerca del significato oscuro
Di un
tempo ineluttabilmente a termine.
Labbra da baciare
Ho passato il tempo a leggere, ad
imparare
Snocciolare i giorni come grani di
rosario
Scrutar svanire le ombre e le nuvole
arrivare
Arrischiare il vento a capire il
senso dell’itinerario
Ho visto il tempo cambiare e
cambiare le persone
Gli amici dimenticare rauchi i
giorni consumati
Chiudere gli occhi a non vedere i
sogni mutarsi in delusione
Raccogliere la cenere aspirando a
fuochi rianimati
Ho cercato di non arrendermi alla
marea
Ritentare ogni volta che finivo
spiaggiato
Slegare ancora le vele spiegarne la
livrea
Resistere alla vita, non restarne
annientato
Scrivo ancora le stesse forse
inutili parole
A
trovar dentro di loro sconosciuti significati
Sfuggenti alla mia mente come raggi
di sole
Che pianeti di spente stelle ne siano illuminati
Da bruco ho schiuso il bozzolo di
seta
Avevo vent’anni, e strade ed
orizzonti spalancati
Strade a migliaia come percorsi
senza meta
Ora ho amici perduti e amori
dimenticati
Ho solo le tue mani a tenermi
l’anima intatta
E le tue dita leggere a stringere la
seta delle ali
Spero che sia finalmente giunta la
meta esatta
Che la bussola si fermi nonostante i
temporali
Che si possa star seduti nel
tramonto ad aspettare
Sereni e insieme che la tempesta
passi e taccia tramontana
Che tutto quel che conta è sulle tue
labbra da baciare
Sapendo come sappiamo che ogni altra
cosa è vana.
Dove
Dove sono quelle notti senza fine
con le albe lontane
Le notti dove con i bicchieri vuoti
si contavano le ore?
Dove, i tramonti di fuoco oltre le
marea, illusorio confine
Le stelle diamanti a specchiarsi nel
mio pozzo di sognatore?
Dove sono quelle notti senza
apparente inizio e senza fine certa
Le notti dove le bottiglie si
svuotavano come fossero clessidre?
Dove, le albe che non arrivavano mai
a fare da coperta
Le scie di comete maligne a indicare
illusorie sfide?
Dove sono i sogni di quelle notti
calde, e fredde e profonde
Quei sogni che sembravano veri e
concreti, reali, quasi probabili?
Dove, il respiro che da quei sogni
si levava come dal mare quello delle onde
Le lacrime versate e quelle da
conservare e credute impossibili?
Camminano con passo lento, con
andatura leggera ma inesorabile
I giorni, le ore trascinano le
nostre vite attraverso il tempo stesso
Si scorgono in lontananza nebbie ed
un fumo denso imperscrutabile
Abbiamo perso il punto di partenza e
il buio della fine non vediamo adesso
Generati da meccanismi inconoscibili
tutti i momenti che chiamiamo vita
Come venti di tempesta scarrocciano
il nostro vascello verso spiagge lontane
Verso paesi lontani e non
cercati,luoghi dove ogni speranza sembra finita
E non serve conoscere le vele e le maree
quando soffiano forte tramontane.
Dove sono quei sorrisi che ci
scaldavano il cuore, eterne amicizie giurate
Le urla e le risate senza motivo,
capelli al vento e occhi alla tempesta?
Dove, i suoni e le chitarre, i
fuochi e i fumi, e le ragazze dove sono andate
Le mille sere che iniziavano a
pranzo e finivano a colazione, cosa ne resta?
Sono qui, notte, la pioggia ritma
dispara e Roma è lontana anni e chilometri
Battiato canta Simon & Garfunkel
di quaranta anni fa e a me sembra ieri
Non serve a niente dire che il tempo
se ne va mentre la pioggia lava i vetri
Non può servire dire che il tempo è
solo la somma crudele di attimi leggeri
E so che sono qui, ora ed in questo
esatto istante proprio mentre lo dico
Tutti i momenti creduti persi e
quelli eterni da sempre nella mia memoria
Le spiagge e le cadute, i baci persi
e quelli presi, le mani forti di un amico
Qui dietro le mie spalle e qui
davanti agli occhi a dire ancora una mia storia.
Errori di rotta
Ho come il sospetto, fondato,
che qualcosa non abbia funzionato
come avrebbe dovuto, come era
previsto fosse.
Ho come la sensazione che le
istruzioni
Che credevo fossero assolute e certe
Fossero invece errate, o comunque
poco chiare.
Doveva essere un viaggio avventuroso
ma sicuro
Paesi da conoscere e visitare,
esperienze da fare
E un rifugio sicuro al quale
tornare.
Avevo cercato di prevedere tutto
Una larga pianura leggermente
ondulata
Da percorrere lentamente o a volte
correndo
Una stagione calda ma senza troppe
umidità
Venti profumati di caldo e di sole,
leggeri
Qualcosa non è proprio andata come
doveva.
E sono qui su queste montagne russe
senza discese
Solo salite che non ne vedi la fine
Il vagone traballa sbilenco su
rotaie di ruggine e ferro
Non capisco dove e quando ho
sbagliato la strada
Dove ho perduto la rotta e preso una
deviazione errata
Avevo dei sogni che non si sono
avverati
Avevo dei desideri che non sono
stati esauditi
Ho come la certezza, fondata,
Di aver lasciato indietro qualcosa
di importante
Qualcosa che avrebbe potuto cambiare
il finale.
Gli anni che ho vissuto hanno
seppellito per sempre
L’innocenza del mondo e di me che lo
guardavo crescendo
Non ci sono nomi, i nomi non
servono, sono nomi di morti
Nomi di chi è andato per altre
strade, ubriaco di vino o di vita.
Ma avevamo promesso, promesso di non
perderci
O perlomeno di non perdere la
memoria di quegli anni
Ho promesso di non dimenticare
E ho portato tutto in salvo nella
mia memoria
Ho tenuto tutto stretto, per non
perdere nulla
Scrivendo sui fogli usati da altri e
non bruciati
Ricordo tutto fin dal principio, i
dettagli, il caso
Il fluire degli eventi, voglio
ricordare ancora tutto,
prima che la distanza offuschi lo
sguardo che si volge indietro,
attutendo il frastuono della vita e
delle voci,
delle armi e degli amori, del riso e
delle grida, del vento che soffia
del mare che spacca la roccia e il
silenzio della risacca.
Oltre la distanza del tempo,
eppure
solo la distanza consente di
risalire
al probabile inizio
prima della certissima fine.
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