Arrivano. Con passo felpato,
silenzioso e vigliacco
Arrivano che non li aspetti e nemmeno vorresti
Ma arrivano, e non puoi farci niente mentre
Hai lo sguardo perso nel movimento delle onde
Oppure mentre cerchi una risposta filosofica
Nell’apparente immobilità del fiume
O nella ricerca di un senso nel bianco orlo di una nuvola di pioggia.
Arrivano. Colpiscono duro, senza preavviso o rumore
Arrivano e scavano un solco tra te e il tuo presente
Ma arrivano, e schiantano il resto intorno mentre
Rimani immobile a guardare un bambino correre nel prato
Oppure mentre aspetti un tram sotto una pioggia inattesa
Nell’impossibile rumore che fa ogni mattino che sorge
O nella ricerca affannosa di dare un senso agli errori che ripeti.
Arrivano. Arrivano sempre. In un lampo accecante
Arrivano come la luce d’agosto alla fine del buio di una galleria
Ma arrivano, dapprima sfocati e tremolanti poi netti e decisi, mentre
Ripensi alle parole d’amore non dette e che non puoi più dire
Oppure nel momento esatto nel quale senti un suono creduto perduto
Nell’assurdo silenzio di un giorno che muore nel sangue del suo tramonto
O dalla tua stessa voglia di capire e sapere il peso delle cose.
Arrivano. Arrivano contro la tua stessa volontà senza dichiararsi
Arrivano e ti abbandoni a loro come all’abbraccio del mare
Come al calore dei fianchi di lei, come al sonno dopo giorni di fatica.
Ti lasci attrarre ed attraversare, atterrare ed atterrire
Ti lasci prendere e perdere, perdonare e per donare ancora una volta
Li senti stracciare il tuo giorno e la tua pelle, scavare e scavalcare
Li senti mordere il tuo cuore e morire alle tue lacrime.
Ti trasportano indietro, (l’unica possibile macchina del tempo)
A tempi di te bambino o amante appassionato, a sbronze e chitarre
Indietro a ieri lontanissimi e creduti cancellati, ai sorrisi di tua madre
Ai giorni di tuo padre intorno a un tavolo di cucina a ridere di niente
Ti portano indietro a bicchieri svuotati ad amori svaniti
Ai tempi di emozioni consumate con la stessa vorace velocità
Indietro a un riflesso sull’acqua, ai sorrisi di lei e ai suoi sospiri
Ai giorni delle scelte giuste e a quelli delle scelte sbagliate
Ti portano indietro ai giorni del giardino dei melograni e della neve a Roma
Ai tempi delle prime immersioni e della ragazza delle fragole al ponte
Indietro ai giorni degli amici per sempre e dei per sempre che duravano poco
Ai giorni delle corse senza affanno e a quelli degli affanni senza corse.
Ti portano indietro ai giorni che vorresti e a quelli che non vorresti
Ai tempi di matrimoni e a tempi di funerali, alle primavere e alle prime sere
Indietro ai giorni che eri un lupo e a quelli che eri un agnello
Ai giorni che oggi era domani e domani chissà cos’era.
Arrivano. Arrivano e fanno un male dolce e aspro, leggero e inguaribile.
Arrivano. Per fortuna. Arrivano.
Arrivano che non li aspetti e nemmeno vorresti
Ma arrivano, e non puoi farci niente mentre
Hai lo sguardo perso nel movimento delle onde
Oppure mentre cerchi una risposta filosofica
Nell’apparente immobilità del fiume
O nella ricerca di un senso nel bianco orlo di una nuvola di pioggia.
Arrivano. Colpiscono duro, senza preavviso o rumore
Arrivano e scavano un solco tra te e il tuo presente
Ma arrivano, e schiantano il resto intorno mentre
Rimani immobile a guardare un bambino correre nel prato
Oppure mentre aspetti un tram sotto una pioggia inattesa
Nell’impossibile rumore che fa ogni mattino che sorge
O nella ricerca affannosa di dare un senso agli errori che ripeti.
Arrivano. Arrivano sempre. In un lampo accecante
Arrivano come la luce d’agosto alla fine del buio di una galleria
Ma arrivano, dapprima sfocati e tremolanti poi netti e decisi, mentre
Ripensi alle parole d’amore non dette e che non puoi più dire
Oppure nel momento esatto nel quale senti un suono creduto perduto
Nell’assurdo silenzio di un giorno che muore nel sangue del suo tramonto
O dalla tua stessa voglia di capire e sapere il peso delle cose.
Arrivano. Arrivano contro la tua stessa volontà senza dichiararsi
Arrivano e ti abbandoni a loro come all’abbraccio del mare
Come al calore dei fianchi di lei, come al sonno dopo giorni di fatica.
Ti lasci attrarre ed attraversare, atterrare ed atterrire
Ti lasci prendere e perdere, perdonare e per donare ancora una volta
Li senti stracciare il tuo giorno e la tua pelle, scavare e scavalcare
Li senti mordere il tuo cuore e morire alle tue lacrime.
Ti trasportano indietro, (l’unica possibile macchina del tempo)
A tempi di te bambino o amante appassionato, a sbronze e chitarre
Indietro a ieri lontanissimi e creduti cancellati, ai sorrisi di tua madre
Ai giorni di tuo padre intorno a un tavolo di cucina a ridere di niente
Ti portano indietro a bicchieri svuotati ad amori svaniti
Ai tempi di emozioni consumate con la stessa vorace velocità
Indietro a un riflesso sull’acqua, ai sorrisi di lei e ai suoi sospiri
Ai giorni delle scelte giuste e a quelli delle scelte sbagliate
Ti portano indietro ai giorni del giardino dei melograni e della neve a Roma
Ai tempi delle prime immersioni e della ragazza delle fragole al ponte
Indietro ai giorni degli amici per sempre e dei per sempre che duravano poco
Ai giorni delle corse senza affanno e a quelli degli affanni senza corse.
Ti portano indietro ai giorni che vorresti e a quelli che non vorresti
Ai tempi di matrimoni e a tempi di funerali, alle primavere e alle prime sere
Indietro ai giorni che eri un lupo e a quelli che eri un agnello
Ai giorni che oggi era domani e domani chissà cos’era.
Arrivano. Arrivano e fanno un male dolce e aspro, leggero e inguaribile.
Arrivano. Per fortuna. Arrivano.
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