Dopo 4 anni di blog su Splinder Parole per dire Anima si sposta causa di forza maggiore. Ringrazio i 23.487 visitatori del vecchio sito dando a loro e ai nuovi il benvenuto nel nuovo blog.

Il cielo è ancora di nuovo azzurro dopo il temporale, di nuovo piccole nuvole bianche galleggiano nello smalto turchese che si intravede tra i rami degli ippocastani. Leggero un vento da Sud mi porta profumi lontani e un ricordo di tempi andati. Vengo da un remoto passato, da un continente scomparso, da memorie tramandate. Vengo da uno ieri lontano, da una distante memoria, da profondità assolute. Vengo da foreste carbonizzate, da oceani prosciugati, da atlantidi sommerse. Vengo da leggende antiche, da strade non tracciate, da un paese dimenticato. Vengo da notti di mille stelle cadenti, da grotte sottomarine, da minareti e ziggurat mesopotamiche. Vengo da fiumi e cascate fumanti, da incendi di praterie, dai giardini pensili di Babilonia. Vengo dagli accampamenti dei pellerossa, da canti intorno al fuoco, dal giro della pipa sacra. Io Vengo dalla pianura di Stonehenge, dai templi di Abu-Simbel, dalla valle di Goreme. Vengo da un sogno di delfino, dalla barriera corallina di Sharm-el-Sheik, e da quella di Marsa-Alam, da Elphinstone Reef e da Ras Samadhai. Vengo dall'isola di Rapa-Nui, dalle piramidi atzeche, e di quelle di Giza. Vengo dal ghiacciaio di Roseg, sulle Alpi dopo S. Moritz, dal castello Bunchrew ad Inverness, dalla caldera di Kallisté. Vengo dai mille monumenti e ruderi di Roma, dalle rovine di Pompei, dalle scogliere delle Isole Faroe. Vengo dalle guglie di Milano, dalle Dolomiti, dalla foresta di Camaldoli. Vengo dalle città sotterranee di Cappadocia, dall'Oceano ad Oporto, dalle paludi di Coto Donana. Vengo dalle piazze di Lecce, dalle scogliere di Finis Terrae, dal mare di Otranto. Vengo dalle sabbie del deserto, dai monti dell'Atlante, dalla via della seta. Vengo da Mont S.Michael, dall’acropoli di Atene dal mare delle Cicladi, dai monasteri delle Meteore dai quadri di Caravaggio, dalle poesie di Neruda e di E. L. Masters, Vengo dal mio sogno di volare, dall'idealismo del Che, dai libri di Richard Bach, dal suo gabbiano Jonathan Livingston. Vengo dai racconti di Eminghway, dalla follia geniale di Picasso dal fortepiano di Mozart, dall’Isola Tiberina al centro della mia città Vengo dalla visione di Tashunta Witko, dalla tragedia del suo popolo, Vengo dalle canzoni dei Beatles, dai tasti bianchi e neri del mio pianoforte, dalle corde delle mie chitarre. Vengo da questi e cento altri posti, vengo da ieri e da domani, dai miei sogni e dalle mie speranze, dai libri che ho letto e dalle musiche che ho ascoltato. Da lontane favole e ballate di druidi e melodie celtiche, da notti di birra e onde di mari e marinai, da amori andati e da volti dimenticati, da amici perduti e amici ritrovati, da segni, sogni, bisogni, da velocità a due ruote e voli a quaranta metri sott'acqua, da cani randagi e altrettanto randagi gatti, da quadri e monumenti, da fuochi, fumi, chitarre e lune, da lacrime, errori, andate e ritorni, da treni, città, Vengo da tutto questo e da molto altro ancora. Vengo da tante altre cose che non riesco a ricordare, ma sono quello che sono proprio per questo, ed è quello che sono che posso darti, e non altro, niente di più o niente di meno, questo e non altro.

sabato 31 dicembre 2016

Vecchio amico perduto per sempre


Furono giorni di venti e di furore
Vennero a me scalze verità
Come pellegrini d’autunno
Stracciate vesti e  mani questuanti.
Furono giorni di illusioni perdute
Trascinavano anni e giorni come fardelli
Su infinite salite, su scalinate eterne
I passi pesanti di ataviche fatiche.

Furono giorni di rabbia e tristezza
Scardinavano certezze di incrollabili architravi
Con tellurici movimenti annientavano sicurezze
Lasciando nell’anima rovine senza forma.
         
Ho creduto in te come fossi mio fratello
Ho voluto averti amico più che fratello
Che gli amici li scegli e i fratelli no
Ho forgiato la mia anima che ti assomigliasse
O che assomigliasse a quello che credevo fossi

Ho lasciato che il tempo mi scolpisse di rughe
Che imbiancasse capelli e mi rubasse la forza
Ho permesso che gli anni scorressero senza pensarci
Credevo di avere un porto nel quale essere al sicuro

Troppo tardi ho scoperto che eri solo un ladro
In ritardo ho capito che rubavi alla mia bocca
Parole e risate, e vino e fumi, verità e promesse
E dopo trent’anni ora so di aver perso tempo.
E so di non poter mai più ricomprare
Le notti e le donne, i viaggi e i sogni
I progetti e le fatiche, le parole e risate
Le illusioni e le onde, il vino e le incazzate.

Hai rubato il mio tempo e il mio cuore
Tenendo in segreto segreti rancori
Hai stretto la mia mano e il mio petto
Nascondendo nelle risate roventi dolori
Non so perdonare, né poco né tanto
Non resta che andare, di nuovo, nel vento
Un passo dopo l’altro a segnare un cammino
Che sempre più corto disegna l’arrivo

Non resta che avere un cuore più forte
Che sappia resistere e battere ancora
Che sappia ricordare e non farlo mai più
E saperlo capire se ogni tanto di sera
Davanti a un bicchiere o ad un film in tv
All’improvviso mi chieda dove è il mio amico.
Dove mai sei tu sia perduto, ormai per sempre.

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